Gli investimenti sostenibili tra necessità di impatto ambientale e rischio di greenwashing

Gli investimenti sostenibili tra necessità di impatto ambientale e rischio di greenwashing

#WeareWaldenFocus

Creare valore non solo per chi investe ma per la società nel suo complesso è la mission della finanza sostenibile, che spinge ad integrare l’analisi finanziaria tradizionale con valutazioni Esg, basate sui fattori ambientali, sociali e di buon governo. Ma siccome non è tutto “verde” quel che luccica, quali sono le caratteristiche che deve avere un prodotto finanziario per potersi definire Esg?

Il problema è proprio che non esistono criteri condivisi dalle istituzioni, anche se l’Europa si sta muovendo in questa direzione

Il che si riflette anche sull’ampio delta delle stime sul valore totale di fondi e prodotti sostenibili, comunque enorme: si va da un minimo di 1.600 a un massimo di 33.000 miliardi di euro. In assenza di standard che permettano di stabilire se un investimento è sostenibile, il greenwashing è diffuso e inevitabile e molti prodotti finanziari si autodefiniscono Esg senza esserlo davvero, o essendolo quantomeno in modo discutibile.

Lo studio di InfluenceMap smaschera i finti fondi Esg

Uno studio di InfluenceMap riportato dal Financial Times ha analizzato 593 fondi azionari Esg con oltre 265 miliardi di dollari di patrimonio: il 71%, ha ottenuto un punteggio negativo in termini di allineamento del portafoglio all’Accordo di Parigi, sulla base del Paris agreement capital transaction assessment (Pacta), uno strumento di misurazione tra i più utilizzati. I ricercatori hanno esaminato inoltre 130 fondi a tema climatico da oltre 67 miliardi di dollari: anche in questo caso circa il 55% non sono risultati allineati all’Accordo di Parigi, pur se con una grande eterogeneità di risultati. SI passa dal +90% (che corrisponde a un elevato grado di allineamento) al -42%. «I fondi a tema climatico continuano a detenere società della catena del valore della produzione di combustibili fossili per un importo complessivo di 153 milioni di dollari» si legge nel rapporto. 

Le vie del greenwashing finanziario

I problemi sono tanti.
Ci sono fondi di investimento che si scelgono come benchmark, per fare un esempio, l’indice medio di Wall Street, che al 20% è composto da aziende che lavorano carbone e petrolio; creano un fondo in cui i combustibili fossili sono il 19,9%, e sostengono di fare un fondo green perché hanno sottopesato la composizione del fondo rispetto al benchmark che hanno scelto. Ci sono poi i fondi di fondi, una sorta di sistemi di scatole cinesi, che hanno quote di altri fondi e organismi di risparmio, e quindi la trasparenza si perde.

Ancora, c’è il meccanismo della soglia, ovvero fondi che non eliminano completamente interi settori merceologici, ma fissano appunto una soglia: se per esempio l’azienda ha al massimo il 10 o il 20% in quel settore, è ritenuta ammissibile. Ma nel caso di aziende molto grandi, pur fissando una quota ridotta del fatturato l’investimento è comunque importante. 

L’EU Action Plan on Sustainable Finance

L’Europa sta cercando di rispondere all’esigenza di normare il settore in modo più incisivo e tempestivo.
Il piano di azione dell’Unione Europea per la finanza sostenibile (EU Action Plan on Sustainable Finance) si compone di una serie di regolamenti interconnessi. 

«La finanza sostenibile consiste nel riorientare gli investimenti verso attività economiche rispettose dell’ambiente» si legge in un documento della Commissione europea dello scorso febbraio. «È una parte essenziale del Green Deal europeo. Sono necessari grandi investimenti privati per rendere il nostro sistema finanziario sostenibile e assicurare che l’Europa sia neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, dato che i soli investimenti pubblici non saranno sufficienti per raggiungere questi obiettivi. La tassonomia UE è uno strumento di trasparenza basato sulla scienza per le aziende e gli investitori. Lo scopo di questo sistema di classificazione è di evitare il greenwashing e di guidare gli investimenti verso la transizione».

L’Sfdr: che cosa prevede

Il 10 marzo dell’anno scorso è entrato in vigore il Regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari dell’Unione Europea (Sfdr). Banche, assicurazioni, Sgr (società di gestione del risparmio), consulenti, fondi pensione sono tenuti a spiegare come intendono integrare i rischi di sostenibilità nelle politiche di investimento. 

Inoltre le società di gestione devono inserire i prodotti di investimento in tre diverse categorie.
Le strategie articolo 9 hanno un obiettivo di investimento sostenibile; le strategie articolo 8 promuovono le caratteristiche sociali e/o ambientali e possono includere investimenti sostenibili, ma non hanno gli investimenti sostenibili come obiettivo principale; le articolo 6 integrano le considerazioni Esg nel processo di investimento, oppure spiegano perché il rischio di sostenibilità non è rilevante, ma non soddisfano i criteri aggiuntivi delle strategie degli articoli 8 o 9. 

Le informazioni sui prodotti legati alla tassazione per i primi due obiettivi ambientali si applicano dal 1° gennaio 2022. I requisiti di trasparenza per i prodotti finanziari, i loro produttori e consulenti, hanno l’obiettivo di ridurre le pratiche di greenwashing, promuovere la decarbonizzazione e le strategie di investimento sostenibili Esg.

La tassonomia, uno strumento di trasparenza

L’altro cardine del piano di azione Ue è la tassonomia, che deve stabilire quali attività sono sostenibili e quali no: le relative leggi si applicano dal primo gennaio di quest’anno.  Il lavoro sulla tassonomia ha solide basi scientifiche e si basa sulla ricerca del Centro comune di ricerca dell’Ue e su report di gruppi di esperti, consulenti  finanziari dell’Ue.

Come specificato da Bruxelles, la tassonomia è uno strumento di trasparenza basato su un sistema di classificazione che traduce gli obiettivi climatici e ambientali dell’Ue in criteri per specifiche attività economiche ai fini degli investimenti privati. Non è invece un elenco obbligatorio di attività economiche in cui gli investitori possono investire, né un elenco di requisiti obbligatori per gli investimenti pubblici, e nemmeno di requisiti obbligatori sulle prestazioni ambientali per le aziende o per i prodotti finanziari.

Perchè se ne è parlato così tanto? A far discutere è stata la prima bozza del documento, in particolare, ha fatto scalpore l’inserimento del nucleare e del gas fossile considerate sostenibili. Greenpeace ha infatti denunciato la mossa senza mezzi termini: “La tassonomia della Commissione è una licenza per il greenwashing. Le aziende inquinanti saranno liete di avere il sigillo di approvazione dell’Ue per attirare denaro e continuare a distruggere il pianeta bruciando gas fossili e producendo rifiuti radioattivi”.

Gara al ribasso per attrarre i fondi pseudo Esg

Gli amministratori devono rivelare se i loro benchmark tengono conto dell’Esg e, in caso affermativo, riferire su una serie di indicatori, così da essere trasparenti sull’impatto sociale e ambientale generato dall’investimento. 

Dal 31 dicembre 2021, gli amministratori di benchmark devono anche rivelare come le metodologie che usano si allineino con l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio o di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La potenziale criticità di questi strumenti deriva dal fatto che le linee guida dell’Ue dovranno essere tradotte dalle diverse autorità nazionali in altrettante regolamentazioni. Anche se la tassonomia sembra abbastanza dettagliata, c’è chi punta il dito sulla corsa al ribasso tra Paesi come Irlanda, Malta e Lussemburgo per attrarre fondi, gestori e capitali.
Potrebbe succedere qualcosa del genere sulla finanza sostenibile: potrebbe esserci qualche autorità nazionale che controlla un po’ meno, con maglie un po’ più larghe per attrarre fondi che vogliono fregiarsi del titolo sostenibile con il patentino europeo, ma facendo qualche sforzo in meno e quindi sopportando qualche costo in meno dal punto di vista della compliance.

Conclusione

Il lavoro di individuazione e soprattutto di applicazione di criteri condivisi per stabilire quando un investimento finanziario si può davvero definire sostenibile è quantomai urgente

Bisogna evitare che un fenomeno importante come quello dell’ingresso dei parametri Esg nella finanza possa essere vanificato da una diffusa percezione di inaffidabilità, se non di vera e propria truffa.  Gli atti d’accusa in tal senso non mancano.
L’ex Cio di BlackRock per gli investimenti sostenibili Tariq Fancy ne ha scritto uno particolarmente duro su Usa Today, nel quale sostiene che gli investimenti Esg sono diventati una trovata pubblicitaria che distrae l’attenzione dal cambiamento climatico, dall’ingiustizia sociale e dal malgoverno
“L’industria dei servizi finanziari sta ingannando il pubblico americano con le sue pratiche di investimento sostenibili e pro-ambiente. Questa arena multimilionaria di investimenti socialmente consapevoli viene presentata come qualcosa che non è. In sostanza, Wall Street sta facendo il greenwashing del sistema economico, creando una nefasta forma di distrazione” ha scritto Fancy.

R.V.

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