Rinnovabili, il cambio di passo nei fatti non c’è

energia rinnovabile

Rinnovabili, il cambio di passo nei fatti non c’è

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Non basta dire che nei primi cinque mesi del 2022 ci sono state richieste di allacciamento alla rete per 5,1 Gigawatt di fonti rinnovabili. Dalla richiesta di allaccio all’entrata in funzione della centrale, infatti, passano in media 5 anni e 8 mesi. Siamo ancora a poco più di 1 Gw installato all’anno, ce ne vogliono almeno 8. Le intenzioni sono le migliori, ma i fatti ancora non ci sono: infatti l’ultima asta del Gse (Gestore dei Servizi Energetici) è stata un flop.

Gli ambiziosi obiettivi del Paese in materia di energie rinnovabili, che poi sono altrettanti impegni assunti con l’UE che dovrebbero essere rispettati pena sanzioni, sono ancora distanti. Per Bruxelles dovremmo dare le autorizzazioni ai nuovi impianti eolici e fotovoltaici in 15 mesi, ce ne mettiamo 66.
Ma soprattutto stiamo installando ogni anno poco più di 1 Gw di potenza di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, contro i circa 8 che servirebbero per raggiungere gli obiettivi di Fit for 55 – e il governo italiano non ha ancora aggiornato sulla base di quegli obiettivi il Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), come pure avrebbe dovuto già da un anno e passa.
Se a questo si aggiunge che, nel frattempo, è scoppiata la guerra russo – ucraina che secondo qualcuno potrebbe suggerire addirittura il raddoppio dei target, il ritardo pare evidente quanto macroscopico. Eppure i governo ha deciso di nominare un commissario per i rigassificatori e uno per il termovalorizzatore di Roma, ma nessun commissario per accelerare sulle rinnovabili.

L’asta è un flop perché mancano le autorizzazioni

In occasione dell’ultima asta indetta dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) sono stati assegnati solo 444 Megawatt di nuova potenza da fonti rinnovabili, su 3.356 disponibili.
Al Gse sono arrivate 363 richieste per 478 MW: 2878 MW in meno di quanto disponibile. Sono state accolte 309 richieste, per 444 MW complessivi. Il problema è che per partecipare alle aste ci vogliono le autorizzazioni: e sono proprio quelle che continuano a mancare, nonostante gli appelli e l’evidente necessità di cambiare passo per far fronte agli impegni. Eppure si era parlato, in modo improprio, di impianti già autorizzati per oltre 5 Gw nel 2022.
Nei primi cinque mesi del 2022, ci sono state richieste di allacciamento alla rete per 5,1 Gw di fonti rinnovabili. Sono due volte e mezza tutti gli allacciamenti fatti nel 2020 e nel 2021″ ha affermato il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani alla Commissione Ambiente alla Camera. Ma un conto sono le richieste di allacciamento, un altro gli impianti autorizzati.

“Accorciare i tempi dei pareri, e poi le Soprintendenze non danno le autorizzazioni per i nuovi impianti, non serve a niente”

L’ultima asta del Gse sulla nuova potenza da fonti rinnovabili è stata un flop: 443 Megawatt assegnati su 3.355 disponibili. Ma questo è perché non ci sono impianti autorizzati, nonostante quello che dice il ministro Cingolani. Il governo ha semplificato tanto, ma solo le cose accessorie. Non è intervenuto sul problema principale, il no delle Soprintendenze del Ministero della Cultura” ha affermato all’Ansa Simone Togni, presidente dell’Anev, l’associazione delle aziende dell’eolico.
Cingolani continua a dire che ha semplificato le procedure. Ma se accorci i tempi dei pareri e poi le Soprintendenze non danno le autorizzazioni ai nuovi impianti, non serve a niente. Lo strumento per superare questo problema c’è. I progetti bocciati dal Ministero della Cultura possono essere portati alla Presidenza del Consiglio, che può approvarli. Palazzo Chigi ha sbloccato così 6 impianti, che peraltro sono tornati alle Regioni per l’ok finale. Ma presso la Presidenza del Consiglio ci sono fermi altri 4 – 5 GW di nuova potenza“.

E a proposito dell’annuncio del ministro della Transizione Ecologica sui 5 GW di nuove richieste di allaccio per fonti rinnovabili arrivate quest’anno a Terna, Togni ricorda quali sono a oggi i tempi per passare agli impianti: “La richiesta di allaccio è il primo passo dell’iter burocratico per costruire una centrale. Poi ci sono le autorizzazioni della Regione, sopra i 30 MW anche del MITE – Ministero della Transizione Ecologica – e della Soprintendenza. Dalla richiesta di allaccio all’entrata in funzione della centrale passano in media 5 anni e 8 mesi. I 5 Gigawatt di Cingolani nella migliore delle ipotesi li vedremo nel 2028“.

Ma Cingolani e Gentiloni insistono: rinnovabili, avanti tutta

Di positivo restano le intenzioni ribadite dal ministro Cingolani pochi giorni fa all’assemblea di Elettricità Futura, l’associazione delle imprese elettriche italiane: “Più acceleriamo sulle rinnovabili, più saremo liberi di ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili. Si tratta di un’equazione: la decarbonizzazione deve procedere secondo i programmi europei e bisogna tenere in piedi anche la filiera industriale del Paese. La transizione deve essere giusta, non si può fare una transizione a spese dei lavoratori. Queste due necessità devono andare di pari passo: è il momento della coesione tecnica per trovare le roadmap più sostenibili“.

Già: ma le sovrintendenze continunano a bloccare tutto, il rischio è che dalle parole non si riesca mai a passare ai fatti. “Sul fronte delle rinnovabili, l’Italia ha un enorme potenziale di sviluppo che finora è riuscita ad esprimere soltanto in parte” ha affermato Paolo Gentiloni, Commissario per gli affari economici e monetari, nel suo messaggio. “Ma dalle risorse straordinarie messe a disposizione da Next Generation EU può arrivare la svolta. È per questo che l’attuazione del PNRR è un’occasione che il Paese non può mancare nell’ottica della transizione ecologica, della sicurezza nazionale e del rilancio economico. Il futuro è elettrico, e sarà alimentato dalle rinnovabili. Paradossalmente, la guerra in Ucraina ha dato un’ulteriore spinta in questa direzione. Quelli che potevano apparire come obiettivi distanti – al 2030 o al 2050 – sono diventati tremendamente attuali”.

In ballo mezzo milione di posti di lavoro da qui al 2030

Per il settore elettrico italiano il nuovo Piano europeo REPowerEU si traduce nell’obiettivo +85 Gw di rinnovabili al 2030 che ci permetterà di raggiungere l’84% di elettricità rinnovabile nel mix elettrico” ha affermato Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Fututra, tracciando la roadmap 2030 dell’industria elettrica italiana. “Per l’Italia, l’accelerazione delle rinnovabili coerente con il REPowerEU 2030 comporta benefici davvero importanti per l’economia, la società e l’ambiente: 309 miliardi di euro di investimenti cumulati al 2030 del settore elettrico e della sua filiera industriale; 345 miliardi di benefici economici cumulati al 2030 in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e crescita dei consumi nazionali. 470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030 (che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi). Una riduzione del 75% delle emissioni di CO2 del settore elettrico nel 2030 rispetto al 1990. Siamo pronti a rispondere alla chiamata dell’Europa, a sostenere REPowerEU e ad impegnarci per accelerare la transizione”.

In conclusione, il Paese ha bisogno di energia rinnovabile, e anche di crescita e di occupazione: se non ora, quando?

di R.V.


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